Fuori Campo
Chi sarà il prossimo allenatore della Juve nel 2025/26?
Su tutti i muri dello spogliatoio della Juve, in questo momento, si legge la parola Champions League. Sono vietate distrazioni, l'unico obiettivo è conquistare almeno il quarto posto e farlo in qualsiasi modo, anche con un calcio non particolarmente bello da vedere. Tudor è stato esonerato, perché i risultati non arrivano, e allora ecco che si fa sempre più frequente la stessa domanda: chi sarà il prossimo allenatore della Juve? Giuntoli ha iniziato a prendere appunti. Vediamo allora tutti i nomi dei tecnici accostati ai bianconeri.
Chi sarà il prossimo allenatore della Juve: tutti i nomi
Prima di parlare di nuove figure, occorre fare una valutazione sul lavoro di Tudor. La Juventus ha fatto un mercato ricco, probabilmente non del tutto funzionale al suo allenatore, ma la rosa di valore c'è. Qualcosa, nei meccanismi tattici, si è però inceppato e senza vittorie da diverso tempo il rischio che la panchina possa saltare è molto alto. Nel frattempo, la squadra verrà guidata da Brambilla. E allora ecco che si è sentito il bisogno di cambiare l'attuale tecnico della Vecchia Signora. I nomi per ripartire sono tanti, vediamone alcuni:
- Thiago Motta
- Luciano Spalletti
- Roberto Mancini
- Raffaele Palladino
- Edin Terzic
Dal ritorno di Thiago Motta alla sorpresa Terzic: chi potrebbe allenare la Juve
La Juventus è di nuovo davanti a un bivio, uno di quelli che possono cambiare il corso di una stagione e forse anche di un progetto. Dopo le difficoltà di Igor Tudor, la società sta riflettendo su come uscire da un momento complicato e la scelta del nuovo allenatore si trasforma in un dilemma tra ragione e rischio. Da una parte c’è la tentazione di richiamare Thiago Motta, dall’altra la curiosità per una scommessa come Edin Terzic. Due profili opposti, due visioni quasi incompatibili, ma entrambi in qualche modo coerenti con il momento che vive il club.
Thiago Motta rappresenterebbe la soluzione più logica, soprattutto dal punto di vista economico. Dopo le spese sostenute in estate, la Juventus non può permettersi di aggiungere al bilancio anche l’ingaggio di un terzo allenatore. Richiamarlo significherebbe contenere i costi, sfruttare un contratto già attivo e dare un segnale di continuità, seppur forzata. Certo, il rapporto con l’ambiente si era incrinato, e non poco, ma nel calcio i ritorni clamorosi non sono mai da escludere. D’altronde, Motta conosce già gran parte del gruppo e, con una squadra finalmente completa e costruita secondo le sue idee, potrebbe ritrovare quella fiducia che a Torino si era rapidamente sgretolata. Sarebbe una scelta pragmatica, forse poco romantica, ma con un senso preciso: chiudere la ferita senza aprirne un’altra.
Edin Terzic invece sarebbe tutto il contrario. Giovane, ambizioso, amante di un calcio moderno fatto di pressing alto, intensità e coraggio, rappresenta una visione proiettata al futuro. La sua esperienza al Borussia Dortmund lo ha portato fino alla finale di Champions League, un traguardo importante che racconta il suo valore tecnico, ma anche un percorso tortuoso, costellato di tensioni interne e rapporti complicati con alcuni giocatori (il caso Hummels resta emblematico). Terzic è un allenatore di prospettiva, ma anche uno che ha bisogno di tempo per costruire. E tempo, alla Juventus, è una parola che scotta: l’ambiente vive di risultati immediati, di giudizi rapidi e di poca tolleranza verso gli esperimenti.
Due ex CT oppure Palladino: le altre soluzioni
La Juventus, nel valutare il dopo-Tudor, potrebbe però anche scegliere di tornare alle sue origini, a quel tipo di allenatore che storicamente ha incarnato lo spirito bianconero. Figure solide, italiane, abituate alla pressione e capaci di gestire tanto il campo quanto la conferenza stampa. Perché alla Juventus non basta saper allenare: bisogna anche saper rappresentare il club, affrontare i microfoni con autorevolezza, gestire la tensione, tenere unito l’ambiente nei momenti difficili. In quest’ottica, due nomi tornano inevitabilmente di moda: Roberto Mancini e Luciano Spalletti.
Entrambi hanno il profilo del “classico allenatore da Juve”: esperienza, carisma, capacità di lavorare con grandi giocatori e di dare un’identità precisa alla squadra. Mancini porterebbe un calcio più ragionato, fatto di palleggio e organizzazione, e potrebbe valorizzare una rosa piena di qualità, soprattutto sugli esterni, dove i bianconeri hanno potenziale tecnico e fisico per tornare a essere pericolosi. Spalletti, dal canto suo, è un maestro di equilibrio e brillantezza, capace di trasformare ogni gruppo in una macchina fluida e armonica. La Juventus con lui ritroverebbe idee, fluidità e anche un pizzico di spettacolo, qualcosa che in questo momento manca del tutto. Entrambi, però, arrivano con un ostacolo pesante: l’ingaggio. Allenatori del loro calibro costano, e non poco, e dopo le spese sostenute tra mercato e staff tecnico, la società non è detto che possa permettersi un altro investimento fuori scala.
Ecco perché si pensa anche a una soluzione più sostenibile: Raffaele Palladino. Giovane, brillante, con idee di gioco chiare e una certa eleganza comunicativa, rappresenta una versione più economica (ma più rischiosa) dello stesso modello. Dopo il lavoro apprezzabile svolto con Monza e Fiorentina, Palladino ha dimostrato di saper costruire identità e gioco, ma la differenza d’esperienza rispetto a un Mancini o a uno Spalletti resta enorme. Affidargli la Juventus sarebbe una scelta coraggiosa, forse anche coerente con la linea del rinnovamento, ma con un rischio evidente: quello di ritrovarsi in una nuova versione del caso Thiago Motta, un progetto partito tra grandi speranze e poi travolto dal peso della piazza.