Raffaele Palladino è tornato sul mercato dopo aver deciso di lasciare la panchina della Fiorentina. Il suo arrivo in viola, nell’estate 2024, ha segnato un cambio di rotta rispetto alla gestione Italiano, ma dopo una sola stagione ha deciso di cambiare direzione. Il progetto Palladino aveva dato una nuova identità al club gigliato con un calcio moderno e fluido, dove il modulo di partenza è solo una base su cui costruire uno sviluppo dinamico e ordinato. Un  calcio che, prima a Monza e poi a Firenze, ha ricercato equilibrio tra estetica e praticità, con principi forti e giocatori responsabilizzati, nonostante un inizio di stagione vissuto con qualche difficoltà di troppo.

 

Il modulo di Palladino: 3-4-2-1 con ampie varianti

 

Il sistema di riferimento adottato da Palladino è il 3-4-2-1, lo stesso che aveva reso competitivo il suo Monza. La linea a tre dietro garantisce sicurezza in costruzione, mentre i due esterni a tutta fascia hanno il compito di offrire ampiezza, attaccare lo spazio e ripiegare in fase difensiva. Nell’ultima stagione con la Fiorentina, in uno momento di crisi di risultati vissuto tra febbraio e marzo, ha dovuto reinventarsi passando anche alla difesa a quattro e con i due mediali a offrire maggiore copertura. Questo conferma la sua capacità di adattarsi senza snaturare il proprio stile, l’obiettivo è sempre stato quello di creare linee di passaggio e superiorità sfruttando le catene laterali per risalire di campo e attaccare con tutta la squadra. Il pallone che gira rapidamente, con pazienza, per poi colpire quando si apre il varco giusto.

 

Il diktat di Palladino: pressing, compattezza e marcature strette

 

In fase difensiva Palladino pretende ordine e compattezza. In assenza del pallone, la squadra scala in un 5-4-1, con gli esterni che si abbassano e i trequartisti che diventano centrocampisti aggiunti. L’idea è quella di chiudere gli spazi tra le linee e costringere l’avversario a giocare in orizzontale. Le contaminazioni dei suoi allenatori (Gasperini in primis), conosciuti durante la sua carriera da attaccante, gli hanno trasmesso uno dei tratti distintivi, ovvero la scelta di una marcatura a uomo, che rende difficile per l’avversario trovare superiorità posizionale.

 

La filosofia di Palladino: costruzione dal basso, verticalità e ampiezza

 

Il regista che si abbassa e la mezzala che attacca la profondità. Eccolo il segreto dell’uscita dal basso di Palladino, adottata dalla Fiorentina grazie ai movimenti dei vari Adli, Cataldi e Mandragora, che grazie al lavoro del tecnico campano hanno vissuto una stagione molto positiva. La connessione tra i reparti, attraverso il lavoro dei centrocampisti, garantisce una verticalità costante, sfruttando magari la corsa e gli inserimenti dei due esterni. L’ampiezza è sfruttata per allargare le maglie difensive avversarie e creare corridoi centrali. I trequartisti, come Colpani a Monza e Gudmundsson a Firenze, si muovono tra le linee, cercando l’ultimo passaggio o la conclusione. Anche l’attaccante centrale, nell’ultimo caso Moise Kean, è coinvolto nel palleggio, non solo come finalizzatore, ma anche come riferimento per i compagni.

 

La crescita di Palladino tra moduli flessibili e idee precise

 

Estetica e concretezza, Palladino ha sempre costruito squadre ordinate e ambizioni, le sue sono sempre formazioni difficili da affrontare. Nella sua prima esperienza su una panchina importante sono emersi alcuni difetti, specialmente nella gestione dei cambi e quindi nella lettura della gara. Palladino si è comunque confermato un allenatore che a grandi livelli sa starci benissimo: non è integralista, ma si muove su moduli flessibili con idee comunque ben precise.