
Perché Sabalenka urla così tanto in campo? Il significato del suo grunting
Il tennis è uno sport fatto anche di suoni. C’è il silenzio chiesto dall’arbitro prima del servizio, il colpo della pallina sulla racchetta, le scarpe che strisciano sul cemento. E poi c’è lo sforzo dei tennisti, che a volte si fa sentire. Ma quando gioca Aryna Sabalenka, i decibel si alzano sensibilmente. È impossibile non accorgersene. I suoi grugniti – lunghi, potenti, spesso sorprendenti – accompagnano ogni colpo come un marchio di fabbrica. In tanti lo notano, alcuni ne discutono, altri se ne infastidiscono. Ma la domanda resta: perché Sabalenka urla così tanto in campo? In questo articolo proviamo a capirlo. Perché i motivi non sono così banali come si potrebbe pensare.
Sabalenka e le urla in campo: perché lo fa?
Aryna Sabalenka è diventata, nel tempo, una delle tenniste più riconoscibili al mondo. Non solo per i suoi risultati in campo (eccezionali), ma anche – e soprattutto – per il suo modo inconfondibile di accompagnare ogni colpo con un grido potente. Un marchio sonoro che divide costantemente il pubblico del tennis. C’è chi apprezza questa espressione di forza e grinta, e chi invece – senza troppi giri di parole – ammette di abbassare il volume quando guarda una sua partita. Le urla di Sabalenka, però, non hanno nulla a che vedere con l’esibizionismo. Non sono un modo per attirare l’attenzione, né un gesto studiato a tavolino.
La verità è che si tratta di una tecnica: una modalità che l’aiuta a generare potenza nei colpi, soprattutto nei dritti e nel servizio, ma anche a gestire il ritmo e mantenere la concentrazione, specialmente nei match più lunghi e faticosi – come quelli degli Slam. A confermarlo non è solo lei, ma anche la scienza. Studi specifici hanno dimostrato che il grunting può aumentare la velocità della palla del 3,8% nei colpi da fondo campo e del 4,9% al servizio, ovvero circa 7 km/h in più, senza che aumenti la fatica percepita dall’atleta.
Certo, c’è anche chi la critica, sostenendo che quel suono continuo possa servire a distrarre gli avversari. Ma più di una collega ha smentito questa teoria: Coco Gauff, ad esempio, ha detto che non le dà fastidio e che ci si abitua in fretta. Insomma, Sabalenka non infrange alcuna regola: sfrutta una tecnica che funziona e che, numeri alla mano, contribuisce ai suoi successi. Non a caso è tutt'ora la numero uno del mondo. E il bello è che lei stessa – insieme ad altri colleghi – riesce anche a sdrammatizzare questo aspetto.
Indimenticabile, in tal senso, la partita-esibizione agli Australian Open 2024 con Novak Djokovic, contro Maria Sakkari e Stefanos Tsitsipas. Con i microfoni vicinissimi alla bocca, Sabalenka ha cercato di trattenersi. Ma Djokovic, ridendo, le ha però detto: "Ma dai, tu sei famosa proprio per le tue urla". Lei, prontamente, ha risposto: "Le persone se ne andranno se faccio troppo rumore!".
Il grunting di Sabalenka: non è l'unica
Dopo l’ironia, torniamo ai dati. Perché il grunting, nel caso di Aryna Sabalenka, è stato anche oggetto di uno studio specifico che ha monitorato il suo comportamento in campo. I numeri parlano chiaro: la tennista bielorussa urla nel 100% dei suoi servizi e in circa il 96% degli altri colpi. Una costanza impressionante, che la posiziona in cima alla classifica delle “grida da campo”.
Ma Sabalenka non è l’unica. A tenerle testa in questa particolare statistica c’è anche Beatriz Haddad Maia, che registra la stessa percentuale nei servizi (100%), ma si ferma al 93% nei colpi da fondo. Seguono altre giocatrici come Maria Sakkari e Veronika Kudermetova, tutte con un utilizzo molto frequente del grunting.
Nel circuito maschile il fenomeno è meno diffuso, almeno con queste frequenze. Gli “urlatori”, però, non mancano nemmeno tra gli uomini. Carlos Alcaraz, Taylor Fritz (chissà se urla di più giocando a League of Legends) e anche il nostro Lorenzo Sonego sono noti per emettere grida evidenti durante il gioco.
Anzi, proprio Sonego, a Wimbledon 2022, venne ripreso in campo da Rafael Nadal, infastidito dal volume eccessivo delle sue urla. Un episodio che fece discutere tra chi era d'accordo con lo spagnolo e chi meno, ma che dimostra quanto anche nel tennis maschile l’uso della voce possa diventare un fattore – tecnico o di tensione – da non sottovalutare.