Per milioni di appassionati, la Ferrari rappresenta molto più di un semplice team di Formula 1: è un simbolo di eccellenza, passione e tradizione italiana. Il Cavallino Rampante ha scritto pagine gloriose della storia del motorsport, dominando intere epoche grazie a leggende come Michael Schumacher, Niki Lauda e Alberto Ascari. Eppure, da diversi anni, la Scuderia di Maranello sembra incapace di tornare al vertice. I titoli mondiali mancano dal 2007 (Piloti) e dal 2008 (Costruttori), un digiuno lunghissimo per una squadra che ha fatto della vittoria la sua identità.

 

Ma perché la Ferrari non riesce più a vincere? I motivi sono molteplici e intrecciano scelte tecniche sbagliate, problemi di gestione, limiti strutturali e una concorrenza sempre più agguerrita.

 

Ferrari, una crisi che viene da lontano

 

La crisi della Ferrari non è un evento isolato o recente. Affonda le radici in un lungo periodo di incertezze e cambiamenti. Dopo l’epopea vincente con Schumacher, Todt, Brawn e Byrne, la Scuderia ha faticato a trovare una nuova stabilità tecnica e dirigenziale. La mancanza di continuità ai vertici - con una lunga serie di cambi di team principal e ingegneri capo - ha impedito la costruzione di un progetto a lungo termine. Dopo Stefano Domenicali, si sono susseguiti Marco Mattiacci, Maurizio Arrivabene, Mattia Binotto e ora Frederic Vasseur, ma nessuno di loro finora è riuscito a riportare la squadra al successo duraturo.

 

La mancanza di una visione tecnica unificata ha generato vetture spesso incompiute: auto veloci su alcuni circuiti ma non competitive sull’intera stagione. La Ferrari ha alternato sprazzi di competitività a lunghi periodi di mediocrità, senza mai dare l’impressione di poter dominare.

 

Problemi tecnici e strategici alla base della crisi?

 

Uno dei principali problemi della Ferrari negli ultimi anni è stato il progetto della monoposto. La Scuderia ha spesso inseguito gli altri invece di anticiparli, risultando conservativa nelle scelte aerodinamiche e poco efficace nello sviluppo. L’auto del 2020, ad esempio, è stata un fallimento tecnico, causato anche da un accordo segreto con la FIA che ha portato a una netta perdita di potenza del motore. Negli anni successivi, nonostante alcuni miglioramenti, la macchina ha continuato a soffrire sul piano dell’efficienza aerodinamica, del degrado gomme e della gestione del passo gara.

 

Anche le strategie in gara hanno lasciato a desiderare: errori ai box, chiamate discutibili e gestione dei piloti non sempre all’altezza hanno tolto punti preziosi.

 

Lotta impari con i top team di Formula 1

 

Oltre ai problemi interni, la Ferrari ha dovuto fronteggiare avversari formidabili. La Mercedes di Hamilton e Toto Wolff ha dominato l’era ibrida grazie a una superiorità tecnica e organizzativa impressionante. Più di recente, la Red Bull con Verstappen e il genio di Adrian Newey ha alzato ulteriormente l’asticella, imponendo uno standard quasi irraggiungibile per tutti.

 

Anche il budget cap, introdotto per livellare le prestazioni tra team, non ha dato i frutti sperati per Maranello. La Red Bull ha dimostrato di saper lavorare meglio con risorse limitate, mentre la Ferrari ha continuato a spendere molto senza ottenere risultati proporzionati.

 

Organizzazione e cultura interna

 

Un altro aspetto spesso sottovalutato è la cultura interna alla Ferrari. A Maranello, la pressione è altissima, e ogni stagione viene vissuta con l’obbligo di vincere. Questo clima può diventare un boomerang, alimentando tensioni, paura di sbagliare e decisioni affrettate. Alcuni tecnici di valore hanno lasciato la Scuderia proprio per questo ambiente complicato. Inoltre, manca ancora una struttura realmente internazionale: mentre team come Red Bull o Mercedes pescano talenti da tutto il mondo e lavorano con modelli agili e flessibili, la Ferrari resta ancorata a una visione più tradizionale e a tratti burocratica.