Little Nightmares 3: cosa pensiamo del nuovo capitolo?

Little Nightmares 3 è l’attesissimo terzo capitolo di una saga che, grazie a Tarsier Studios, ha definito un’estetica unica nel panorama horror e platform. Supermassive Games, lo studio subentrato, ha ereditato una formula ricca di orrore, disgusto e tensione, e, come si evince dalla recensione, il titolo è rimasto fedele a quell’estetica ormai iconica. Tuttavia, nel tentativo di replicare ogni dettaglio dei predecessori, Supermassive Games ha confezionato un prodotto curato ma, per certi versi, privo di un’identità distintiva.

Il gioco si svolge all’interno della misteriosa “Spirale“, un insieme di scenari inquietanti e onirici che riflettono l’incubo del mondo adulto attraverso gli occhi dell’infanzia. Se i primi due capitoli eccellevano nell’allegoria dei traumi infantili, Little Nightmares 3 introduce sprazzi di realtà concreta e brevi sequenze che tentano di spiegare l’origine dell’orrore. Questo tentativo di rendere l’esperienza più didascalica e meno evocativa finisce col depotenziare l’impatto simbolico della serie, rendendola meno affascinante per i fan di vecchia data.

Gameplay e narrazione: il dilemma della co-op e dell’identità

La novità centrale di Little Nightmares 3 è l’introduzione di due protagonisti, Low e Alone, due bambini intrappolati nella Spirale, equipaggiati rispettivamente con un arco e una chiave inglese.

Co-op: sinergia abbozzata e difficoltà calante

L’introduzione della modalità co-op, giocabile sia con un altro utente che con l’Intelligenza Artificiale, è la principale novità, ma è anche il tallone d’Achille del gameplay.

  • Il Problema dell’AI: L’Intelligenza Artificiale che controlla il secondo personaggio ha una resa discontinua, alternando momenti di autonomia a fasi in cui resta impassibile, persino di fronte a un pericolo imminente. Ciò costringe spesso il giocatore principale a prendere il controllo del partner per risolvere enigmi che dovrebbero richiedere sinergia.
  • Combattimento e Strumenti: L’armamento di Low (arco) e Alone (chiave inglese) suggeriva un taglio più orientato all’azione, ma il combattimento è limitato a poche situazioni e risulta troppo guidato. L’esempio delle vespe, dove Low punta automaticamente e Alone finisce il colpo, mostra una dinamica appena abbozzata.
  • Difficoltà Abbassata: Nel complesso, il gameplay risulta più semplice rispetto ai capitoli precedenti. La necessità di bilanciare l’esperienza per la co-operativa sembra aver imposto un abbassamento della difficoltà generale, togliendo gran parte del mordente e della tensione costante che caratterizzava le opere di Tarsier.
  • Un’Aggiunta Riuscita: L’unica meccanica realmente riuscita è l’introduzione dell’ombrello, che permette di fluttuare e raggiungere superfici sopraelevate, aggiungendo un minimo di verticalità ai livelli.

Narrazione e estetica: déjà-vu e lacune

Come da tradizione, la narrazione è muta ed enigmatica, basata su suggestioni e simbolismi. Tuttavia, questa scelta, unita alla quasi totale assenza di tutorial o cutscene iniziali, rende l’impatto iniziale spiazzante per un neofita, dando per scontata una familiarità pregressa con l’universo di Little Nightmares.

Dal punto di vista visivo, il gioco è impeccabile: luci, ombre e texture creano un colpo d’occhio notevole e un’atmosfera coerente. Eppure, la sensazione di déjà-vu è costante. L’estetica riprende così tanto il secondo capitolo da sembrare una sua estensione, mancando di quell’inventiva visiva che aveva reso unico il primo Little Nightmares. Manca, soprattutto, una figura antagonista centrale e iconica, come La Signora o Lo Smilzo, capace di incarnare l’intero incubo.

L’avventura principale si completa in sole quattro ore. Data la minima differenza di gameplay tra i due personaggi, la rigiocabilità è pressoché nulla. In conclusione, Little Nightmares 3 è un titolo che si guarda indietro, più che avanti, e il suo vero pregio risiede nella possibilità di essere giocato in compagnia, confermando l’esperienza di Supermassive Games nei titoli co-op.

Paolo Carta

Paolo collabora da anni con diversi magazine online e riviste cartacee del settore automotive. Appassionato di cinema, viaggi e di sport, non disdegna critiche e giudizi avversi alle serie tv. Nato nel 1978 nella provincia capitolina, è romano ma non romanista.

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